La ricerca
Il primo passo concreto di questa ricerca, come indagine genealogica sulla mia famiglia risale al 1998. Dopo molte riflessioni fantastiche sugli avi, già nell’infanzia, si doveva agire concretamente: il primo viaggio ebbe quindi come destinazione una parrocchia dell’appennino parmense, dove, erroneamente, credevo fossero custoditi i libri contenenti le registrazioni di battesimo, matrimonio e morte che mi interessavano. Lì, dietro alcune finestre polverose, in una stanzetta scura e stipata di oggetti e volumi, un piccolo parroco col capo coperto da una papalina nera, con voce sommessa e ricca di pause, ventilava una lunga e onerosa ricerca.
Una volta saputo che la famiglia era di Beduzzo ebbe però un subitaneo cambiamento di tono, forse deluso, forse sollevato, svelando che i libri andavano cercati in tale diversa località. Non avevo allora alcuna idea delle circoscrizioni parrocchiali, si capisce.
Fu un bene. A Beduzzo la luminosità della stanza dove incontrai il parroco di lì era proporzionale alla sua concretezza: mi mise a disposizione i libri, su cui avrei passato moltissime ore. Partivano dal 1780, che sembrava un lontanissimo periodo, prima ancora della rivoluzione francese, per rendere l’idea, quando la gente girava vestita con braghe al ginocchio e cappelli a tre punte.
L’entusiasmo rende frenetici e l’inesperienza e impreparazione fanno il resto. Nessuna schedatura razionale, nessuno schema di ricerca, solo la continua e certosina caccia tra le pagine, scritte in un latino semplice ma frettoloso, mi portarono ad una serie di alberi genealogici dove gli omonimi si confondevano tra loro in un gioco di specchi, portando tale incertezza anche nella ricerca. Con doppia fatica, nel tempo, depuravo l’albero di dubbi e inesattezze, unendo logica a qualche schema di supporto. Lavoro inutile se avessi cominciato schedando i dati, tanto per dare qualche consiglio a chi partisse sul cavallo dei propri pantaloni, come dice Julia Roberts nel doppiaggio italiano di una nota pellicola.
Un aiuto decisivo lo diede poi la scoperta del fatto che un gruppo di volontari operanti per la ristrutturazione ed ampliamento dell’Archivio diocesano di Parma stava facendo il giro delle parrocchie della diocesi – coincidente in sostanza con la provincia di Parma – raccogliendo i libri parrocchiali sparsi tra canoniche di campagna e, magari, stalle o soffitte di case di parenti di parroci scomparsi da tempo. Da questa opera di recupero pervenne nuova linfa alla ricerca che avevo iniziata da qualche anno.
Il coordinatore dell’Archivio, don Enrico Dall’Olio, è un personaggio molto noto per chi sia di Parma e si interessi di storia dei luoghi e delle tradizioni parmigiane. E’ un’autorità che tiene sveglio il ricordo e le radici, prendendo spunto dai più diversi ambiti, cronaca o ricette, storia o pergamene. Chi voglia dare lustro ad un’opera simile alla mia cerca da sempre la sua firma per l’introduzione, un viatico benaugurante ed autorevole. A me, per la distanza, non è stato possibile farlo, ma presumo che egli potrebbe apprezzare comunque il mio sforzo, dato che gli stimoli che ci muovono sono analoghi.
Nell’Archivio operavano ed operano volontari attivissimi e competenti, indispensabile supporto per chi si avvicina per la prima volta a qualche ricerca storica, sfruttando la miniera nascosta nei locali del loggiato vescovile. Voglio ricordare con affetto e gratitudine la prof. Stefania Vaja, che mi diede le prime dritte per fonti alternative ai libri parrocchiali, come i catasti medievali, e l’ing. Franco Papotti, illustre per cultura ed insaziabile ricercatore del passato parmigiano, un erudito intelligente e concreto, i cui lavori andrebbero adeguatamente pubblicizzati. Ulteriori spunti mi sono venuti da un altro infaticabile ricercatore storico dell’Archivio, Camillo Bertogalli, che mi aveva da subito fatto presenti altri nuclei di Pacchiani del passato per la zona di Neviano degli Arduini.
Mi si perdoni se ho voluto fare questa digressione sull’Archivio Storico Diocesano Vescovile di Parma, ma è stato per me un punto di riferimento importante non solo per la ricerca concreta, ma come stimolo che i citati curatori mi hanno dato e per il conforto di incontrare persone che io ho visto come me appassionate della ricerca delle origini e della storia di luoghi e persone.
Spero che tale Archivio possa contare sempre su persone come loro e che possa continuare a svolgere il ruolo culturale che gli spetta. Chiuderlo per assenza di personale sarebbe una vera disgrazia.
Ma devo tornare al filo del discorso, per concludere la traccia della mia ricerca: i collaboratori, sguinzagliati per la diocesi mi misero a disposizione i libri di Beduzzo antecedenti al 1780, risalenti al 1640 circa, che non avevo trovato in precedenza e che aprivano le porte a 140 anni di passato.
In mezzo a questi eventi ci furono ovviamente innumerevoli trasferte solitarie a Parma, città che è un mito dall’infanzia, per la presenza dei parenti che un tempo visitavo assieme ai miei genitori e che oggi non ci sono più. La spesa e l’impegno, venendo da Bolzano, non erano di poco conto, ma la passione prevaleva.
Così perfezionai sia la tecnica che il risultato del lavoro genealogico, che si addentrò nel XVI secolo, come anno di nascita dei parenti più remoti.
L’aiuto delle persone citate sopra mi portò poi a setacciare – verbo assolutamente pertinente – le fonti dell’Archivio di Stato di Parma, altro ente benemerito sempre a rischio di riduzione di finanziamenti e miniera di documenti di prim’ordine. Non secondario, provvisto di collaboratori e collaboratrici premurosi verso i ricercatori e con un orario veramente favorevole, almeno finché l’hanno potuto mantenere. Passavo le giornate dalle 8.30 alle 18.00 chino su fogli cinquecenteschi – un’emozione da provare, vi assicuro! – di censimenti fiscali e su imbreviature notarili.
Infatti, terminata la ricerca sui libri parrocchiali le fonti fiscali sono abbastanza precise quanto a nomi e famiglie e i contratti notarili aggiungono qualche dato in più, sia genealogico che di tipo economico o sociale, e finalmente si riesce a dare un po’ di spessore ai fantasmi di cui si sa altrimenti solo data di nascita e morte (se ci è andata bene, se no neppure quelle).
Questo ho voluto accennare qui per cercare di trasmettere la gioia e passione della ricerca che mi hanno animato nell’impresa di far luce sulla famiglia Pacchiani.
Che valore scientifico hanno questi dati? Posso solo dire che ho accettato i dati parrocchiali solo se univoci, preferendo altrimenti non inserire persone e lasciarle in un limbo, in attesa di nuovi elementi. Ma si tratta di casi isolati, tendenti, con le nuove scoperte, a sparire. La sequenza generazionale è comunque continua, e dubbi sono sorti solo su alcuni personaggi femminili dallo stesso nome d’uso. Il passaggio alle fonti censuarie ha permesso di ritrovare le persone già note dagli archivi parrocchiali e una perfetta coincidenza di tempi mi ha permesso di accettare questi dati per buoni e hanno portato l’albero ad addentrarsi nel XV secolo.
Oltre, ahimè, non è possibile mantenere il grado di certezza e verosimiglianza sufficiente per garantire serietà alla ricerca. I primi Pacchiani di Beduzzo attestati, a metà del ‘400, restano così privi di connessioni con l’albero, pur essendo verosimilmente parte del passato di questo.
Ma nei dettagli entrerò nelle singole parti della ricerca che vi propongo. A proposito, perché ho scelto di utilizzare questo sistema di pubblicazione, anziché scrivere un libro? Ovviamente questo è un libro, varia solo il modo di presentazione. Il libro c’è già, quindi, anzi forse più libri.
Ma lo scopo di questo lavoro è stato di portare alla luce il passato di una famiglia dal buio della dimenticanza e del passar del tempo. Maggiore è quindi la diffusione della conoscenza, meglio è.
Seguendo questa linea di pensiero, non ho esitato a decidere di mettere a disposizione questi dati sul web sia per fare un regalo ai Pacchiani di antica discendenza da Beduzzo che fossero interessati al loro passato, sia per stimolare nuove ricerche da parte di chi potrebbe magari utilizzare qualche spunto di questa storia. Ho infatti la supponenza di pensare che alcuni dati qui contenuti siano interessanti anche per qualche storico meno improvvisato di me. La microstoria della valle non ha troppi puntelli in loco e quindi credo che sia utile diffondere i dati che ho potuto reperire, rendendoli raggiungibili con facilità.
I riferimenti ai documenti sono sempre presenti, non in nota a piè di pagina - la struttura di questa non lo consente – ma in parentesi quadre nel testo. Approfondimenti o chiarimenti possono essere forniti da me agli indirizzi di posta elettronica che trovate qui in fondo.
Un libro è sempre bello, non ci sono dubbi, ma nelle mie condizioni non potrebbe raggiungere che poche persone, mentre “on line” anche qualche Pacchiani emigrato in Francia – per fare un esempio pertinente – potrebbe divertirsi a scoprire qualcosa sui suoi avi. Mai come oggi la passione per il passato cattura le persone in cerca di radici.
Inoltre, lo dico con disillusione, non ho mai ricevuto riscontro alcuno dalle amministrazioni dei paesi presenti nella ricerca, ai cui assessori ne avevo dato notizia, chiedendo se avessero interesse non già ad un supporto finanziario, bensì a concedere un “gratuito patrocinio” e qualche presentazione di un libro presso le biblioteche locali.
Quindi ben vengano le possibilità che la tecnologia offre e buona lettura a chi ne ha voglia. Voglio e spero di dare un piccolo contributo alla storia di una famiglia diffusa in Val Parma e alla microstoria di qualche località di tale valle. Un’avvertenza: i testi non sono riproducibili senza apposite virgolettature e citazione di autore e fonte, stessa cosa per il contenuto, anche se formalmente modificato: mi riservo ogni azione legale a tutela del diritto d’autore. Il che sarebbe obiettivamente spiacevole, se si pensa che, a parte questo, l’utilizzo della ricerca è libero, basta appunto citare questi dati e, credetemi, è veramente il minimo per gli anni di lavoro e la fatica fatta.
Tutti i documenti citati e trascritti da me hanno i riferimenti per consultarli direttamente: sono custoditi presso l’Archivio di Stato di Parma e quello Storico Diocesano Vescovile della stessa città, che si ringraziano ancora. Le immagini dei documenti si riferiscono a materiale custodito nell'Archivio di Stato di Parma e la relativa pubblicazione è stata autorizzata con provvedimento del direttore dell'archivio di data 27.4.2011, prot. n. 1.355/V.9.3.
La ricerca è partita come ricerca genealogica, sviluppando poi qualche tema storico e lasciando spazio alla curiosità sulla vita di allora e su meccanismi di sviluppo difficili da analizzare in questa sede. Prendeteli per come sono, di fantasia non c’è nulla ed ho curato di verificare tutto con i migliori autori che abbiano pubblicato libri sulla zona di Parma nei secoli. Una bibliografia è citata qui. La linea principale da seguire è la storia della famiglia Pacchiani. Gli altri rami sono toccati dove necessario in questa, ma sono approfonditi in sottopagine ad hoc. Per esse, tuttavia, non si sono trovate fonti ampie o ... disponibili e quindi sono limitate ad aspetti genealogici o comunque meramente di interesse di famiglia.
Buona lettura!
Mail di contatto: separeba[at]tiscali.it; pacchiani.maurizio[at]tiscali.it;