I nomi
Attribuire al neonato il nome del nonno paterno o della nonna, se femmina, è un uso che affonda nella solita notte dei tempi e che – per quanto ne so – era diffuso praticamente ovunque in Italia1. Tale espressione del desiderio di continuità della famiglia aiuta oggi il genealogista che non abbia a disposizione elementi documentali più sicuri ed esaustivi a formulare ipotesi o seguire piste. Questo è accaduto anche con la genealogia della nostra famiglia.
Va premesso che i nomi che ho incontrato in questa ricerca sono comunque in massima parte nomi di santi, come di regola anche nel resto d’Europa nelle stesse epoche. Imposti per una serie di motivi su cui qui è impossibile diffondersi, ma che in buona parte implicano la convinzione di porre così il nuovo membro della famiglia sotto la protezione di un particolare santo intercessore, essi poi potevano venire tramandati come nomi di antenati di cui evidentemente era opportuno e di buon auspicio perpetuare la memoria o le qualità.
In linea generale quest’uso aveva provocato, nei secoli, la notevole riduzione del patrimonio onomastico disponibile e pare che proprio in seguito a questo fenomeno, diffuso in tutta Europa (benché in Italia vadano applicate alcune distinzioni), sia nata l’esigenza di introdurre un identificativo ulteriore per le persone, portando alla nascita dei cognomi. Con la Controriforma l’attribuzione di questi tipi di nomi “santi” ricevette un ulteriore impulso, dando forte incremento ai nomi della sacra famiglia, Giuseppe, Maria, ecc . Il fenomeno ha portata generale, valendo per esempio anche per i popoli africani; per la Tanzania un giornalista ha acutamente osservato che “l’avvento del cristianesimo e dell’islam ridusse questo rigoglioso mondo di poesia e di storia a qualche decina di nomi tratti dalla Bibbia e dal Corano”, mentre nelle zone dove tali religioni non si erano ancora solidamente inserite, “la varietà dei nomi propri è illimitata”2.
Esaminiamo brevemente l’onomastica della famiglia o delle famiglie Pacchiani incontrate nella ricerca e vediamo innanzitutto i documenti più antichi, cioè - secondo le ipotesi di lavoro che ho fatto - l’estimo del sale del 1462.
Sebbene sia senz’altro azzardato far risalire ai fenomeni sopra citati una ipotetica svolta onomastica nella nostra zona, sia per l’epoca già tarda (i nomi dell’estimo saranno stati attribuiti, tra padri e figli, negli ultimissimi anni del Trecento e negli anni trenta del Quattrocento) sia per il fatto che anch’essi possono essere considerati nomi di santi, è comunque curioso notare che i nomi dei più remoti presunti antenati di Beduzzo, Guiellmus, Girardus, Bertolus o Bortolus, e per Traversetolo Bartolameus, Guidotus, Manfredus, Albertinus, non ricorreranno più negli anni successivi, sostituiti da altri, appunto più “comuni” in Italia, pur già presenti in parte a quell’epoca: Pellegrinus, Josephus, Jacopus, Dominicus, ecc.
Nomi di santi
Se prescindiamo dalla constatazione che la massima parte dei nomi attribuiti sono comunque nomi di santi, l’uso corrente di dare ai neonati il nome dello specifico santo del giorno di nascita o di battesimo pare aver avuto nella famiglia una diffusione limitata. Faccio gli esempi trovati nell’albero, tenendo presente che ignoro se il nome venisse scelto alla nascita o solo qualche giorno dopo, al momento del battesimo, con la probabile intermediazione del parroco:
Biagio, battezzato il 3.2.1844
Carlo Antonio, nato il 4.11.1704
Battista Antonio Maria, nato il 17.1.1732
Battista Simone Giuda, nato il 28.10.1738
Giuseppe, nato il 19 ? marzo 1661 (manca il giorno preciso)
Solo tre casi sicuri, quindi, per i quali inoltre bisognerebbe conoscere se il nome del santo è sempre – come nel caso di Battista Simone Giuda – quello del giorno di nascita o invece anche di battesimo, mentre come ho appena detto non sempre la notizia era riportata dal parroco. In genere non trascorrevano che pochissimi giorni – quello successivo o quelli immediatamente seguenti – tra nascita e battesimo, forse in relazione all’alta mortalità infantile dell’epoca.
Nomi dei nonni
Per quanto riguarda l’attribuzione di nomi di antenati, non ho trovato finora alcun caso di attribuzione al figlio primogenito o ad altri del nome del padre, come accadeva in altre realtà regionali europee. Pare invece abbastanza ben attestato l’uso di attribuire il nome dei nonni, come detto già in apertura di questo paragrafo3.
Va fatto quindi in proposito un breve esame sulla famiglia Pacchiani, tenendo presente che il nome da riattribuire era con ogni probabilità quello comunemente usato, che non sempre coincideva con quello dato al battesimo o non con quello completo. I casi di riscontro positivo sono in genere abbastanza antichi:
Giovanni Antonio nato circa nel 1556 è il nonno di Giovanni Antonio m. 1678 (primogenito?) che a propria volta lo è di Giovanni Antonio n. 1703 (primogenito).
Giovanni Battista nato circa nel 1584 m. 1661 è nonno di Giovanni Battista nato nel 1666 (non primogenito)
Giuseppe nato nel 1661 è il nonno di Giuseppe nato nel 1751 m. 1810 (secondogenito) che è a sua volta il nonno di Giuseppe nato nel 1821 m. 1849 e – spingendosi forse un po’ oltre - di altro Biagio Giuseppe nato nel 1844 m. 1912.
Carlo Antonio nato nel 1704 m. 1783 (nome d’uso: Carlo), nonno di Carlo Maria nato nel 1785 (quartogenito) nonché di un Antonio nato nel 1782 (terzogenito)
Caterina Bonfanti è la nonna di due Caterine nate da figli diversi, anche se questo non è determinante del tutto, essendo Caterina un nome assai diffuso in zona.
Maria Antonia Papa sposata a un Pacchiani nel 1695 è nonna di Maria Antonia Lucia nata nel 1749 e di Maria Antonia nata nel 1748 da altro figlio.
Pietro (1835-1905) e Teresa (sposa nel 1859) hanno nipoti una Teresa nata nel 1909 e un Pietro, Giuseppe, Fiordiliso nato nel 1902 e, come secondo nome, Ernesto Pietro nato nel 1900 (non primogenito) e ancora Giacomo Pietro Giovanni 1897-1965. Teresa rientra nell’uso, infatti, nonostante il nome sia comunque diffuso abbastanza in zona, appare nell’albero solo dopo Teresa Landi.
La regola sembra valere anche per Pellegrina, nella parte remota dell’albero (‘600).
Questo uso pare quindi più forte di quello di attribuire nomi di santi dal calendario, le cui motivazioni sono evidentemente meno sentite di quelle per cui si dà il nome di un avo della famiglia. Ciò anche se non sempre il nome del nonno – e della nonna – sono dati al primogenito/a. In alcuni casi, come si è visto, il nome può ricorrere solo come secondo nome.
Il fenomeno pare cedere con la dispersione delle famiglie e la riduzione dei loro membri, e comunque nel periodo identificabile circa con la prima metà del ‘900, con l’eccezione di Alberto nato nel 1902, nonno di Alberto nato nel 1971 e mio (non ho mai verificato se io possieda un secondo nome – che all’anagrafe non esiste – e che sia effettivamente Alberto, come la nonna peraltro pretendeva).
Molti nomi che appaiono ripetutamente risultano comunque diffusi in zona: Caterina, Maria, Domenica/Domenico, Giacomo.
Nomi regionali: santi e … paesi
Altre volte poteva essere pure possibile che i nomi di santi fossero attribuiti in funzione del particolare santo venerato nella zona di residenza della famiglia, magari in quanto titolare della chiesa o di oratori del luogo. Prendiamo ad esempio Nicolò Pacchiani, parroco a Reno. La chiesa era intitolata appunto a san Nicolò.
Si può notare come a Bannone, nei pressi di Traversetolo, sia presente un Bernardino. Da atti a lui relativi appaiono i nomi di vari fratelli, tra cui anche un Nicolò. Oltre a quanto appena detto su tale ultimo nome, lo Schiavi nella sua opera (pag. 462), sotto Traversetolo, nota che esisteva un beneficio dei SS. Nicolò e Bernardino, già citato come beneficio di San Nicolò nell’estimo ecclesiastico del 1564 (fu poi unito ad altro nel 1762).
Ho notato inoltre, durante la ricerca, la presenza di qualche Prospero a Beduzzo, la cui chiesa gli è appunto intitolata, ma peraltro non in numero tale da indicare una grande affezione a tale santo.
Già ho detto anche dell'uso importante di imporre al neonato un nome di santo venerato in zona programmandone così l'avvio alla carriera ecclesiastica.
Un altra notazione che mi pare interessante e singolare in campo onomastico, rilevata anche abbastanza frequentemente nelle famiglie di Beduzzo, è quella che riguarda l’attribuzione del nome proprio di persona “Beduzzo”. Pare evidente che vi fosse un notevole attaccamento alla terra d’origine, tale da superare anche eventuali perplessità ecclesiastiche al momento del battesimo.
E il fenomeno non è circoscritto a Beduzzo, posto che ho incontrato anche un “Cozzano”, che è paese limitrofo allo stesso Beduzzo4.
Infine, in alcune pagine scritte da don Giuliano Pacchiani rettore della chiesa di Reno si trova un riferimento ad un atto del 1553, dove si parla di questo Nicolò, zio del precedente, definendolo “don nicolò dalle corti alias de pachiani” (busta 303 citata nelle note di questo sito); alla luce di un documento reperito nel 20065 che parla appunto di una contrada "Le Corti" nei pressi di Tizzano, dove si erano trasferiti da Beduzzo dei Pacchiani, potrebbe trattarsi del riferimento alla residenza del prete. Tale specifica esiste come vero e proprio cognome nella zona (l'ho effettivamente notato in qualche atto durante la ricerca su questo notaio). Rimane misteriosa l’indicazione di alcune persone con due cognomi diversi, aggiunti dopo particelle come alias, sive (come nel caso del “de Ghilanis o de Pachianis” in una registrazione di battesimo di Beduzzo nel 1661 e ancora, con “sive” in altra degli stessi genitori del 1664).
Nomi e cognomi
Un’ultima osservazione riguarda nomi di battesimo uguali al cognome, cioè del tipo “Genovese de’ Genovesi”. Anche tale tipologia si può incontrare non troppo raramente nei documenti che ho indagato per la genealogia della famiglia. Anzi, proprio nell’ambito di quella che dovrebbe essere, al di là dell’erronea trascrizione, la famiglia Pacchiani nel 1462 a Traversetolo, nelle registrazioni per la più volte citata tassa sul sale, incontriamo un “Guidotus de Pagranis filius quondam Pagrani”. Il padre di costui era quindi Pagranus de Pagranis! Ciò accadeva anche quando il cognome, usato in funzione di prenome, non corrispondeva più ad un nome di battesimo d’uso comune, come nel caso appena citato.
Si avrebbe in sostanza, a quanto pare, una sequenza di questo tipo nel corso dei secoli: un nome di battesimo si trasformava in patronimico e quindi in vero e proprio cognome e quindi ritornava ad essere, come forma direttamente derivata dal cognome ormai consolidatosi, nome di battesimo.
Note
1) Cfr. infatti Giovanni Cherubini, “Signori, contadini, borghesi. Ricerche sulla società italiana del basso medioevo”, Firenze, 1974, pag. 409. Oltre al nome dei nonni paterni e materni, avevano rilevanza anche quelli di altri personaggi di famiglia in vario modo degni di particolare ricordo o anche, come detto sopra nel testo, di santi.
2) Ryszard Kapuscinski, “Ebano”, Milano, 2000, pag. 65.
3) Osservazioni a conferma di quanto detto e, inoltre della generalità d’uso di certi nomi, generalmente di santi, diffusissimi nella zona della Val Parma si hanno in Massimo Giuffredi, “Tra terra e traffici. La comunità langhiranese nell’età della Restaurazione”, Parma, 1987, pag 299 ed infra.
4) V. per tutti Archivio di Stato di Parma, fondo “Comune”, serie XXVII, busta 1967, un estimo rurale della seconda metà del Cinquecento, dove a Beduzzo si trova riportato un Beduzzo Ghillani.
5) Archivio di Stato di Parma, fondo notarile, Baldassarre Banzi, filza 272 "Cristoforus de Artusiis".