Contadini o "borghesi"
Le fonti archivistiche offrono ritagli di una superficie di vita che non può più essere osservata oggi nella sua interezza e complessità, e ciò anche se il quadro fosse completo, cosa che è ben lungi dall’essere. Infatti non si conosce a sufficienza la rete di correlazioni, dinamiche, vincoli e quadro generale che conteneva le esistenze dei nostri avi. Si rischia piuttosto di proiettare il nostro diverso sentire in un passato le cui regole sfuggono, trasporre ora per allora quelle di un presente che ha categorie di valutazione diverse. Il risultato di una tale operazione, anziché offrire valide categorie di giudizio, rischia di proporre fantasiose ricostruzioni, come quelle che a volte appaiono a contorno di presunte feste medievali.
Fatta questa avvertenza, voglio esporre alcuni elementi caratterizzanti la composizione e le occupazioni dei Pacchiani di Beduzzo, intesi come progenie di ideale unica ascendenza. Beduzzo stessa, come luogo d’origine determinato, è una categoria irreale, se è vero che sono emerse strette relazioni tra la famiglia che a metà Quattrocento è testimoniata a Beduzzo, di fatto nella contrada di Trarì, e quella che è documentata a Felino e in particolare densità a Barbiano nello stesso periodo. Non sono chiari i flussi, se cioè a partire dalla metà del Quattrocento vi fossero delle migrazioni da Felino a Beduzzo o viceversa, e se queste fossero di famiglie isolate o di grossi nuclei.
Certo è che si può parlare di un’unica famiglia divisa a un certo punto in due zone geografiche, ma tenendo contatti. Famiglia chiaramente nel senso di nuclei patriarcali al cui interno vi erano altri nuclei familiari: i figli o fratelli del capofamiglia con le loro mogli, per esempio. Chi erano i Pacchiani a Felino e dintorni? Un notaio Pietro de Pachianis di Felino era attivo a metà Quattrocento tra Cremona o Mantova, nelle cosiddette Terre Vitaliane, che facesse parte del citato nucleo di Felino con tale cognome e identificazione di provenienza appare quasi ovvio. Si era verosimilmente spostato, probabilmente in zona Cremona. Trasferimenti che conobbero anche altri componenti di questo nucleo, oltre alla migrazione o scambio già accennata con Beduzzo, anche fuori dall’episcopato parmense, come alcuni parenti di Lazzarino, figlio di Paolo Pacchiani detto de Molinariis, nei primi decenni del Cinquecento, non si sa tuttavia né dove, né a quale attività fossero dediti i membri della famiglia spostatisi. Il citato Paolo era un “molinario”, quindi verosimilmente un mugnaio, ed era a volte chiamato in rappresentanza di altri per gestire affari. Quindi sembra un uomo di una certa capacità e affidabilità. Risulta infatti che nel 1488 Ginevra Zurli, abitante a Barbiano di Felino, con il consenso del marito Paolo Pacchiani, nominasse suoi procuratori diversi notai parmensi per sua rappresentanza e difesa per la gestione di questioni legali, ma ella nomina inoltre a tale scopo anche il marito stesso, nonché tali Nicolò Pacchiani e un Gianmaria, famulo del castellano di Tizzano. Da questi dettagli si può ipotizzare con una certa credibilità che Nicolò possa essere stato il barberius di Beduzzo già trasferitosi o in procinto di trasferirsi a Tizzano, contrada di Villanova. Sarebbe un ulteriore indizio o un’ulteriore prova della connessione delle famiglie Pacchiani attestate a Beduzzo e Felino e quindi, a motivo dell’ulteriore spostamento, anche a Tizzano. Dopo la metà del Cinquecento, però, il cosiddetto ramo di Felino non lascia più traccia di sè nella documentazione reperita.
Pacchiani di Felino potrebbe essere quindi il nome corretto della progenie, poiché l’ipotesi più plausibile fa propendere per uno spostamento di diversi membri verso Beduzzo, ma terremo il nome di Pacchiani di Beduzzo per buono, dove sono ininterrottamente attestati gli avi per un periodo che va da fine Trecento fino ad oggi. Non si tratta per questi Pacchiani (solo) di contadini, anche se i possessi fondiari sono presenti negli atti di compravendita reperiti.
C’è un notaio, all’epoca professione stimata e apprezzata, che presuppone conoscenze culturali di rilievo, un barbiere, cioè un chirurgo di bassa specializzazione, ma fondamentale nelle contrade rurali, un mugnaio. Qualcuno era occupato fuori dai confini del parmense, quindi verosimilmente portatovi da attività meno legate alla terra. Tracce certe di professioni e occupazioni “intellettuali”, oltre al notaio, erano i diversi magistri documentati tra coloro che da Beduzzo si spostarono a Villanova di Tizzano: Nicolò, poi Alessandro e diversi altri a propria volta spostatisi nel volgere di pochi anni, a inizio Cinquecento, a Provazzano e Neviano Arduini. A Reno di Tizzano, ancora a mezza via con Beduzzo, si può dire, sarebbe iniziata una lunga serie di parroci e arcipreti. A Reno per quasi duecento anni si trovano solo rettori Pacchiani – Nicolò, Giuliano, Giovanni Battista, Pietro Maria – e anche i fratelli spostatisi a Provazzano daranno numerosi ecclesiastici, uno dei quali, don Bernardino, laureato in filosofia, sarebbe stato anche docente nelle università di Bologna, dove si era laureato, e Parma, oltre che priore di un’importante chiesa di Bannone.
Giacomello, un capostipite del ramo di Tizzano, residente a Reno e padre di don Giuliano e di Pietro Ilario, era con altri “in mercando”, probabilmente in terreni, compravendite che sono attestate per esempio col cugino di Provazzano, zona un po’ fuori da un eventuale interesse direttamente agricolo di Giacomello. Forse anche in altri beni mobili, ma non ve ne è attestazione.
Una famiglia contadina che aveva raggiunto un buon grado di agiatezza, facendo studiare, andare a bottega o avviare agli studi religiosi alcuni suoi membri, o una famiglia con altre prevalenti occupazioni dove occasionalmente alcuni membri avevano dovuto, potuto, voluto mettersi a lavorare la terra? Difficile dirlo.
Il ramo di Felino, forse l’originario, è sostenuto da pochi documenti, ma indicherebbe più verosimilmente un ramo a prevalente occupazione nelle arti che nella terra da lavoro. Sostazialmente nella stessa epoca anche il ramo di Tizzano, emanazione di quello di Beduzzo stando alle carte superstiti, appare fortemente orientato alle arti e a occupazioni dove la terra è più che altro bene di scambio e non di sopravvivenza. Il tenore di vita di questo ramo risulta, nei secoli successivi, più alto di quello dei P. di Beduzzo, dove solo a fine Seicento si coltiva un prete in famiglia – che non accederà però ad alcuna rettoria – e si gestisce un’attività imprenditoriale e artigiana, il mulino di Beduzzo. A Beduzzo, dove però la documentazione sulle faccende di famiglia è singolarmente scarsa, pare di vedere maggiormente la terra come elemento di sussistenza. Ma non bisogna neppure farsi ingannare dalla disponibilità o indisponibilità della documentazione, da cui dipende il quadro che ci facciamo.
Se Beduzzo era un’estensione di Felino ed è l’origine dei Pacchiani di Tizzano, c’erano fattori di “borghesia” ante litteram anche lì. Il fatto che poi gli elementi apparentemente di spicco se ne siano andati farebbe forse immaginare che chi non si mosse doveva avere maggiori legami con la terra. Non sempre tutti avranno avuto le qualità necessarie per intraprendere una vita tra commerci e sacrestie, quindi si sarà potuto dedicare alla terra o per amore o per necessità. Era del resto l’esempio prioritario in zona.
Quindi per Beduzzo sembra di potersi dire che i contadini che si ritrovano nei discendenti di questo ramo – fino all’altro ieri – avevano semplicemente mantenuto l’occupazione d’origine. Non sempre ciò vale per le altre ramificazioni dell’ampia famiglia.